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Futuro

Recovery Plan e la Basilicata

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Il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, andrà al Parlamento il 26 e il 27 aprile ed entro il 30 aprile sarà presentato a Bruxelles. A disposizione 196,5 miliardi di euro, di cui 68,9 miliardi sovvenzioni e 127,5 prestiti. Il ruolo di coordinamento sarà del Governo. Gli Enti locali saranno chiamati a dare attuazione ai progetti.

Le risorse saranno investite in sei aree. La transizione verde e la transizione digitale assorbiranno più della metà delle risorse. Le altre aree di intervento saranno le infrastrutture, l’inclusione sociale, la salute e l’istruzione e ricerca. Ancora non conosciamo la distribuzione delle risorse sul territorio e quindi non conosciamo quale sarà il beneficio della Basilicata. Non dimentichiamo che i fondi dovranno essere spesi entro il 2026. E non dimentichiamo che vanno ad aggiungersi alle nuove risorse dei fondi strutturali la cui programmazione comincia quest’anno, al FSC e alle royalties dell’acqua e del petrolio. A tal proposito bisognerà essere molto vigili, perché il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione è stato inserito nel PNRR. Le risorse del FSC sono già state assegnate alle regioni meridionali e i fondi sono già entrati in programmazione e in parte spesi. L’inserirli nella ripartizione dei fondi complessivi da destinare al Mezzogiorno potrebbe portare a falsare le percentuali di assegnazione e le risorse del FSC anziché aggiungersi rischierebbero di sostituire quelle di Next Generation EU.

aggiungersi rischierebbero di sostituire quelle di Next Generation EU.

Lo Svimez ha fatto due simulazioni di distribuzione di risorse tra Sud e Centro-Nord. In una prima simulazione ha ipotizzato  un’assegnazione al sud di una quota del 24% dei fondi destinati agli investimenti e nella seconda, più vicina agli obiettivi di Next Generation EU, il 50%. Gli scenari che ne scaturirebbero sono, secondo lo Svimez, nel primo caso una crescita stimata del PIL italiano di 7 punti percentuali, 8,1% per il Mezzogiorno, e un’occupazione aggiuntiva al sud di 400 mila unità. Il secondo scenario porterebbe la crescita del PIL meridionale dal 8,1% al 11,6%, ulteriori 100 mila unità in termini di occupazione e comunque un punto percentuale in più di crescita del PIL a livello nazionale.

Ormai abbiamo imparato che non è solo questione di risorse, ma anche come queste risorse saranno spese. Sembra che siano arrivati al Governo molteplici progetti da tutta Italia per promuovere le diverse necessità che il nostro paese vive. È questa la strada giusta per utilizzare i fondi per la ricostruzione? Ieri sera il Laboratorio di educazione alla pace, un gruppo lucano che crede nella possibilità di un’economia rivolta al benessere complessivo del pianeta, ha incontrato Nando Santonastaso, giornalista di Il Mattino. L’incontro è stato ricco di spunti e di riflessioni. A Santonastaso è stato chiesto, tra l’altro, come fare per spendere bene queste risorse, per utilizzare al meglio quest’opportunità. Isoliamo due parole chiave: CITTADINANZA ATTIVA e PROGETTO INTEGRATO.

La prima parola chiave è Cittadinanza attiva. Ciascuno di noi è chiamato a fare la propria parte, sia che abbia un ruolo attivo, perché parte di uno degli enti attuatori chiamato all’utilizzo delle risorse, sia come liberi cittadini e quindi investiti del ruolo di far da sprone e di essere vigilanti. Facciamo sentire la nostra voce. È il momento.

La seconda Progetto integrato. Affinché si possa trarre il meglio dall’utilizzo di questi fondi, l’ottimo sarebbe che invece di perderci in mille progetti, le regioni meridionali si unissero e definissero insieme un programma fattibile di progetti. Non è troppo tardi, ma dobbiamo muoverci. Perché la Basilicata non si pone alla testa di questo obiettivo aggregativo? Sarebbe più faticoso ma sicuramente più produttivo.

La Svimez ha elaborato delle proposte già anticipate nel Rapporto Svimez 2020, ma che ora potrebbero concretizzarsi. Al centro delle proposte c’è il Mediterraneo, “l’idea di considerare il Mediterraneo non come mare di transito per la via della seta che al più interessa Genova e Trieste ma come mare di scambio del più importante mercato del mondo alle cui sponde si affacciano oggi ed ancora più in prospettiva i mercati più dinamici, demograficamente giovani”. Il progetto interessa il quadrilatero Napoli-Bari-Taranto-Gioia Tauro da estendersi alla Sicilia. Si prevede di partire dalle aree portuali già dotate di parte delle infrastrutture e di estendere l’intervento alle quattro ZES del quadrilatero, attivando in questo modo lo sviluppo del Mezzogiorno continentale. Come entra in questo progetto la Basilicata? Una delle quattro ZES citate nella proposta, infatti, comprende la Basilicata. La ZES Ionica Interregionale Puglia-Basilicata è stata infatti istituita con DPCM del 6 giugno 2019 e comprende per la Basilicata alcuni territori dei comuni di Melfi, Atella, Tito, Balvano, Baragiano, Viggiano, Senise, Lauria, Matera, Ferrandina, Pisticci, Policoro.

A ciò si aggiunge la velocizzazione della realizzazione del corridoio ferroviario TAV (tracciato alta velocità) – TAC (tracciato alta capacità) Napoli – Bari. La proposta dello Svimez esorta a “bruciare le tappe”.  

Da questa ipotesi resterebbe però fuori la Basilicata?

Sul sito delle Camera dei Deputati, nell’elenco dei cantieri rientranti nell’art. 4, comma 1, del D.L. 18/04/2019 (il cosiddetto Sblocca Cantieri) il “Potenziamento con caratteristiche di alta velocità della direttrice ferroviaria Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia” è indicato come intervento previsto nel PNRR. E questa è una buona notizia.

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