Congiuntivo
La storica (e centrale) scena writing di Potenza

La scena writing di Potenza è stata centrale nel panorama nazionale. È accaduto più o meno in contemporanea al diffondersi della cultura hip-hop nel resto d’Italia.
A Potenza, periferia diverse ore più a sud di Bologna, Roma e Napoli, nacque un movimento che si impose nel circuito italiano. Variegato, con posture e intenzioni differenti, più o meno ortodosse. Ma capace di segnare una stagione lunga e lasciare tracce, che, oggi, sono state in parte recuperate e rielaborate da una seconda e da una terza generazione di writers.
Fin dai primi anni Novanta il movimento seguì le linee di espansione della città – Macchia Romana, Poggio Tre Galli, l’area industriale. Montereale e rione Lucania gli altri due snodi delle incursioni: visibilizzare l’invisibile, segnare la propria presenza.
Un elenco incompleto di tag e artisti tiene dentro Robot, i fratelli Giordano – Silvio (Silver) e Giulio in crew con Flower erano SFG – Rub, Iatus, Satore, GL, DEN, Summer, Scoop, Looka.
Firmavano singolarmente o in crew. La 2BK non fu la prima, ma decisamente la più importante: stava per “Briganti sul Basento”, due volte B.

In quella cultura si annodavano la breakdance, lo skateboarding, il rap. Il collegamento con gli altri gruppi della rete nei centri principali si alimentava di poche trasferte e di fanzine. “Alleanza Latina” era la più diffusa, e i graffiti di Potenza ci finivano regolarmente riprodotti.
Trovare le bombolette non era semplicissimo, finché Salvatore Iatus Lavieri non convinse il titolare del colorificio Lamorte a ordinare le Krylon e i beccucci (i tappini) correlati.

«Cominciai a disegnare sempre più in alto, su tetti sgangherati. Volevo – dice Silvio Silver Giordano, artista e regista di performance visive – che all’impresa artistica si aggiungesse anche l’impresa reale».
Dei loro graffiti sono rimaste pochissime tracce, quasi tutti cancellati dal tempo, coperti (crossati) o inghiottiti dalla trasformazione urbanistica di Potenza. Alcuni pezzi molto politici, altri pensati e disegnati per sfida artistica, quasi sempre senza autorizzazione, spesso in spazi ostili.
La mappa urbana di quella stagione è quasi tutta fatta di fotografie recuperate negli archivi privati o di tracce impercettibili che emergono sotto strati successivi di pittura scrostata. Caso a parte, l’opera astratta in stile aborigeno di Flower: per anni è stata coperta da due dei pannelli pubblicitari 6×3 della Fondovalle, e così alla fine è stata preservata. Oggi, a pannelli rimossi, è in parte visibile.
Sopravvive in viale Mediterraneo anche l’Uomo Ragno di Giulio Giordano, oggi firma di Diabolik per Astorina Editore e di Martin Mystere per Bonelli Editore. Fu una commissione per una dichiarazione d’amore. «All’improvviso, la città ha cominciato a cercarci, a proporci commissioni». Garage, pareti nelle sale giochi – in quegli anni Potenza ne contava diverse – pannelli, persino pareti di casa private.
Si era verificato un processo che, come sempre quando di mezzo ci sono le città, si portava dentro piccole scosse sociali e culturali, anche all’interno dello stesso movimento.
Uno degli appuntamenti di questa vicenda coincide con un evento e con un luogo preciso della città, la Fondovalle, che allora ancora non si chiamava viale dell’Unicef. Nel 1991 l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Rocco Sampogna approvò un pacchetto di misure sulla “Città ai ragazzi” e la mobilità sostenibile, e decise di assegnare i muri di contenimento del Vallone di Santa Lucia alla creatività di alcuni studenti. Uno dei motori dell’operazione era stato Gerardo Cosenza, artista e professore dell’Istituto d’Arte: coinvolse decine di allievi e i colorifici della città, che fecero da sponsor regalando bombolette e materiale necessario.
Il movimento del writing non rientrò in modo organico in quell’operazione, la maggior parte dei graffiti sulla Fondovalle firmati da componenti della 2BK o da singoli writer (come uno dei primi in assoluto, intitolato “Libera il pensiero” di Miko Somma) erano precedenti oppure comparvero successivamente in modo autonomo.
Ma quell’exhibit a cielo aperto contribuì a costruire un immaginario esterno e un clima di poco ostile da parte di settori della comunità fino ad allora del tutto estranei. A lungo fu molto facile, per chi avesse voluto praticare questa via, ottenere permessi per disegnare sui muri della città.
Il movimento di prima generazione, tuttavia, continuò a lungo a praticare il writing con un’idea diversa di occupazione di spazio pubblico, che non poteva certo essere legittimata dall’autorizzazione. Il dibattito sul punto era notevole.
Molti di quei lavori sono fissati nella memoria di molti, magari sfuocati e senza più collocazione precisa, ma è difficile trovare un potentino che non abbia incrociato il Goldrake sulla Fondovalle, o il Kids never die sul muro della piscina comunale.


Uno dei graffiti fissati nell’immaginario, ancora visibile oggi, è firmato da Mimmo Rubino, artista e fotografo, che nel tempo ha sperimentato tecniche e stili. La siringa dal 2008 (Immunitas) è un timbro riconoscibile sull’ex Cip Zoo, nella zona industriale del capoluogo. Negli anni è stato assorbito dalla comunità come un simbolo del degrado; in realtà si porta dietro interrogativi etici e filosofici, e un richiamo al paesaggio (in quei capannoni, prima della bonifica, erano disseminate decine di vecchie siringhe in vetro usate nelle pratiche di allevamento).

Iatus è l’unico di quella stagione che ancora dipinge: ortodosso del lettering, ha lavori sparsi tra Milano, Barcellona, Roma, New York. Al writing era arrivato attraverso la passione per lo skateboard e per la musica hip hop, poi i film, le fanzine e i primi bozzetti sul diario. Fu lui a portare nella 2BK i termini tecnici, il linguaggio settoriale, calligrafo dalla tecnica ardita. Oggi fa un po’ da collante tra quella scena e le generazioni che sono arrivate dopo. «A Potenza esiste una nuova generazione ugualmente capace, con writers di talento». Il movimento, nel frattempo, è cambiato. «Sciolta la 2BK, però, è rimasto il gruppo di amici».