Condizionale
Concessioni demaniali, qual è il problema?
La presenza di spazi ampi, almeno per la costa del metapontino elimina il problema maggiore delle misure Covid-19, il distanziamento. La situazione delle concessioni, invece, sta creando una condizione di precarietà che non fa certamente bene al settore.
Di cosa si lamentano i Balneari?
Della mancata applicazione della proroga al 31/12/2033 delle concessioni del demanio marittimo. L’assessore alla infrastrutture e mobilità della Regione Basilicata, Donatella Merra, ha più volte confermato che gli uffici regionali avevano interpretato in contrasto con la normativa europea le proroghe alle concessioni in essere, ma ha anche rassicurato su una prossima risoluzione.
Esiste un problema ma non riguarda soltanto la Basilicata.
Facciamo un piccolo passo indietro per comprendere. L’Italia aspetta una normativa di riordino del settore, normativa “promessa” alla Commissione europea in seguito all’apertura di una procedura di infrazione proprio per questa tematica (il combinato disposto dell’art. 37, comma 2, che prevede il cd. diritto di insistenza, ossia la preferenza per il concessionario uscente, e dell’art. 1, comma 1, del decreto legge 493/1993, come modificato dalla L. 88/2001, che prevede la durata di sei anni delle concessioni con rinnovo automatico alla prima scadenza e la possibilità di rinnovi successivi, di fatto aveva reso perpetua la concessione demaniale marittima). La procedura di infrazione si chiuse nel febbraio 2012 grazie alla L. 15 dicembre 2011 n. 17 che all’art. 11 abrogava il rinnovo automatico alla scadenza, introduceva la durata massima delle concessioni a 20 anni e soprattutto delegava il Governo ad emanare un decreto legislativo di riordino della materia delle concessioni demaniali marittime.
Nel frattempo l’Italia prende tempo e alla prima proroga delle concessioni al 31/12/2015 ne ha aggiunte altre due, al 31/12/2020 e poi al 31/12/2033, quest’ultima ribadita dal recente Decreto Legge 34/2020.
Sull’inapplicabilità delle proroghe, sottolineata anche dagli Uffici Regionali lucani, si è pronunciata in passato la Corte di giustizia europea con la sentenza del 14 luglio 2016. La Corte di giustizia europea era stata chiamata in causa in seguito alle domande di pronuncia pregiudizievole ex art. 267 del TFUE, formulate dal TAR per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, e dal TAR per la Sardegna relativamente all’interpretazione dell’art. 12 della Direttiva Bolkestein: se le reiterate proroghe fossero “in sintonia” con il suddetto art. 12.
L’art. 12 della direttiva – trasposta nell’ordinamento interno dal d.lgs. 26 marzo 2010, n. 59 Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno – testualmente recita:
- 1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.
- 2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami.
La Corte di Giustizia europea nella sentenza del 14 luglio chiarisce che spetta al giudice nazionale verificare se tale requisito sia soddisfatto, ossia se ci si trova in una situazione di «scarsità di risorse naturali».
E questo è diventato il punto della questione. Da una parte si sostiene che la scarsità è evidente perché siamo di fronte ad una naturale limitatezza dei tratti di litorale suscettibili di sfruttamento economico, dall’altra che nel caso italiano non si può parlare di scarsità visti i molti chilometri di costa ancora da assegnare
Come suggerisce la stessa sentenza della Corte di Giustizia europea, qualora l’art. 12 della Direttiva Bolkestein non trovasse applicazione, ad impedire la disposizione di proroghe generalizzate sarà l’art. 49 del TFUE, relativa al diritto di tutti i cittadini degli stati membri di collocare agenzie, succursali o filiali in un altro stato membro e comunque le norme a tutela della libera concorrenza.
Il problema è che se da una parte c’è l’interesse legittimo ad una procedura trasparente che salvaguardi la libera concorrenza, dall’altra c’è l’interesse altrettanto legittimo degli attuali concessionari che hanno investito, che hanno migliorato e salvaguardato le coste.
Quindi è auspicabile che le proroghe servano a dare il tempo di addivenire ad un intervento legislativo che detti regole chiare. Nel frattempo, come stabilito da una disposizione nazionale, i Balneari della Basilicata hanno diritto alla proroga al 31/12/2033.
La precarietà connessa alla poca chiarezza sul tema delle concessioni che per i Balneari della Basilicata restano ferme al 31/12/2020, infatti, crea non poche difficoltà. Da una parte ai Balneari si chiedono nuovi investimenti, dall’altra non si danno certezze sulla reale possibilità di ammortizzare le spese sostenute. Una maggiore sicurezza accompagnata da scelte coraggiose e di revisione dell’intera normativa potrebbe consentire lo sviluppo di attività accessorie che offrirebbero occasioni per destagionalizzare. La destagionalizzazione è la vera scommessa e la vera possibilità di crescita per le coste lucane, il cui turismo è purtroppo limitato al periodo estivo.
Foto di analogicus da Pixabay